Di Francia: “Ecco come diventare osservatore calcistico”

05.04.2016 21:07 di  Redazione FS24  Twitter:    vedi letture
Fonte: www.footballnapoli.it
Di Francia: “Ecco come diventare osservatore calcistico”

La redazione di Football Napoli ha intervistato, in esclusiva, Antonio Di Francia, osservatore calcistico o per meglio dire Talent Scout, campano che ci racconta il suo lavoro, fatto di passione e serietà, per accompagnare il campione in erba ai grandi palcoscenici:

Salve, può spiegare ai nostri lettori in che cosa consiste la sua professione?

“Salve a tutti, la mia è una professione molto articolata e sarebbe riduttivo dire che sia un osservatore. Molti definiscono il mio ruolo come “Talent Scout”, cioè scopritore di talenti. A differenza dell’osservatore, nel mio lavoro non mi limito ad osservare le partite ed a redigere  le relazioni dei calciatori. Molti si impegnano ad instaurare i contatti con gli stessi, ma io vado ben oltre…  Il mio è un lavoro quasi a 360°, proponendo direttamente alle società professionistiche i talenti selezionati.

Ma non mi fermo qua, poiché è mia premura seguire i calciatori lungo il percorso della propria crescita sportiva con la diligenza del “buon padre di famiglia”.  Per fare tutto ciò mi avvalgo del lavoro di validi collaboratori”.

Perché ha scelto questo lavoro e come è riuscito a diventare un osservatore calcistico?

“Il motivo principale è la passione che da sempre ho per il calcio. Come si suol dire, sono cresciuto a pane e pallone. Alla base c’è tantissima esperienza col calcio giocato e seguito tra i dilettanti. Poi decisi di vivere il calcio da una prospettiva diversa ed iniziai ad “osservare” le partite e non semplicemente a “vederle”. Allora appresi che il calcio andava seguito nei dettagli per apprezzarlo al meglio. Ed allora, alla mia esperienza aggiunsi una formazione tecnica con corsi specifici per osservatori ed iniziai a collaborare con un’agenzia sportiva”. 

Cosa guarda di più nelle giovani promesse?

“Io dico sempre: tra i 6 e 12 anni bisogna giocare per imparare; tra i 12 e 16 anni bisogna imparare a giocare. Le caratteristiche del giovane calciatore vanno considerate in modo diverso in base all’età.

Nei più piccoli guardo maggiormente la coordinazione e le capacità cognitive, con un po’ di attenzione alla tecnica. Quest’ultima  si può affinare nel percorso formativo, mentre le prime due sono le caratteristiche innate del talento.

Nel percorso di crescita si dovrebbe osservare il miglioramento delle capacità tattiche e fisiche fino al raggiungimento di un equilibrio a buon livello tra tutte le caratteristiche, quando il giovane è completamente formato tra i 17 ed i 19 anni”.

Dove e come tenta di scovare nuovi fuoriclasse?

“Fuoriclasse? E’ una parola grossa. Ci sono tanti buoni giovani calciatori, ma il fuoriclasse è sempre più difficile trovarlo. E’ cambiata la nostra cultura del calcio, negli anni si è curato sempre di più il “business calcio” e sempre meno i valori dello “Sport Calcio”. Mi capita di vedere spesso inibire le giocate individuali a giovanissimi calciatori al solo scopo di raggiungere i risultati di squadra.  A cosa serve vincere un campionato giovanile se poi non si riescono a formare campioni?

Il problema è alla base, nei settori giovanili ci dovrebbero essere “educatori” non “Allenatori” che cercano di inculcare tattiche per vincere le partite. Ogni calciatore dovrebbe crescere in base alle proprie caratteristiche e se uno ha talento lo si dovrebbe lasciare esternare!

Il risultato di queste politiche è la formazione di “calciatori robot” da inserire all’interno di un contesto tattico. Alla fine, se si riescono a mettere insieme tutti i pezzi per comporre il puzzle, la cosa potrebbe anche funzionare, ma i fuoriclasse non li vedremo mai!

Proprio per questi motivi, per scovare i giovani talenti si dovrebbe cercare nei campetti di periferia, nei tornei provinciali e regionali. Molte volte però, questi vengono prelevati fin da giovanissimi, rendendo sempre più difficile l’impresa”.

Come mai in Italia non si punta ancora abbastanza sui giovani?

“Il discorso è sempre per interessi economici. Le società professionistiche per acquisire un giovane da una scuola calcio devono impegnarsi in un esborso esagerato. E la cosa più eclatante è che i premi di addestramento sono stabiliti dalla federazione. Ecco che si va direttamente all’estero per scovare talenti. Specialmente nei paesi meno abbienti dove molti giovani talentuosi non hanno la possibilità di frequentare una scuola calcio, e si trovano in tornei non federali, dove basta pagare un biglietto aereo e la promessa di un futuro migliore per portarli in Italia.

Bisognerebbe pensare ad una riforma seria a livello federale. I soldi che girano sono tanti nelle serie maggiori e pochi tra i dilettanti e le scuole calcio. Mancano strutture e fondi alla base. E’ una piramide capovolta in termini economici, prima o poi si arriverà al collasso.

Un altro motivo fondamentale è la poca fiducia che si dà ai giovani nelle prime squadre, sempre per il conseguimento del risultato immediato a tutti i costi. Allora, sarebbe il caso di dare la possibilità alle società di iscriversi a più campionati, con le squadre A e B come già avviene in altri paesi e dove si sono riscontrati risultati più che positivi”.

Cosa consiglia ad un giovane calciatore voglioso di intraprendere una carriera professionistica?

“Massimo impegno, serietà e soprattutto piedi per terra. Lo studio viene prima di tutto!”

Pensa che la sua professione rispetto agli anni passati si sia evoluta o sia rimasta la stessa?

“Noi viviamo in un mondo dinamico, tutto si evolve. Le cose statiche a lungo andare muoiono. Oggi, con l’abolizione dell’esame per accedere alla professione di Agente Fifa, molti osservatori si sono formati ed adeguati a svolgere anche il ruolo di procuratore.

Allo stesso tempo, si corre sempre più il rischio di incorrere in pseudo-procuratori che operano con l’intento di spillare denaro e non garantire la giusta consulenza. Diffidate da chi chiede soldi per provini, stage, commissioni od altro. Almeno che non siano piccolissime quote di organizzazione.

La cosa importante è affidarsi ad una persona principalmente onesta e preparata. Non importa che abbia grossi nomi a fargli da pubblicità o meno. Mi è capitato addirittura di sentire chiedere soldi per effettuare un provino e, se eventualmente si viene scelti, di pagare una commissione a dir poco elevata”.

Se dovesse scegliere il miglior giocatore italiano in ogni ruolo, che nomi farebbe?

“Per reparto: Buffon, Darmian, Verratti, Insigne”.

Lasciamo la sua professione e catapultiamoci nel calcio: dopo la sconfitta del Napoli ad Udine, vede un calo degli azzurri o si riprenderanno in fretta per affrontare al meglio il rush finale?

“Quello di Udine è stato davvero un duro colpo per il Napoli. L’epilogo è stato ancora più amaro con l’espulsione di Higuain che è costata la squalifica di quattro giornate. E tutti sappiamo bene quanto sia importante l’argentino per l’egemonia del gioco e soprattutto della realizzazione.

La Juventus che a sua volta difficilmente farà passi falsi. Sommando tutti questi fattori, inevitabilmente ci sarà una ripercussione sulle condizioni mentali della squadra, la quale sarà chiamata ad un grande sforzo finale per salvaguardare il secondo posto in classifica. Ora bisogna guardarsi alle spalle, il fiato sul collo della Roma, rinvigorita dalla cura Spalletti, inizia a sentirsi seriamente”.

Per concludere, come è messa la nazionale di Conte per gli Europei, secondo lei?

“Come dice Santino Caravella, il precario di “Made in Sud”: Sta messa male… male… male… male!

A parte gli scherzi, l’Europeo è sempre stato un campionato ostico per gli azzurri. Anche negli anni passati, quando sulla carta avevamo a disposizione una nazionale tra le più forti. Oggi, volendo essere realisti, il livello del calcio italiano ha perso molti punti. L’unico fuoriclasse che abbiamo è l’intramontabile Buffon. Però, dalla nostra parte abbiamo un tecnico molto bravo a creare un gruppo motivato e soprattutto vincente. Speriamo bene”…